Ho inserito La restauratrice di libri di Katerina Poladjan nella lista di libri sull’Armenia che riunisce i titoli letti e amati ambientati in quel paese. Ma ci tenevo a parlarne anche a parte perché è stata una lettura recente capace di trasportarmi dove non rimettevo piede (letterario) da molto tempo.
La protagonista del libro è a Erevan per restaurare una Bibbia antica che nel corso della sua storia è passata di mano in mano conservando tracce di tutti i proprietari. Fino ad arrivare tra le mani di due fratelli in fuga dal genocidio. Il racconto procede su binari paralleli tenuti insieme dalla protagonista, di origini armene anche se in Armenia non ci ha mai messo piede prima e con le mani tra le pagine di un libro carico di storie, ben oltre quelle che racconta qualunque Bibbia.
Da una parte dunque c’è la storia di Helene che dalla Germania, dove vive, finisce a Erevan per lavoro ma non si limita al suo lavoro. Oltre a restaurare il libro e apprendere la tecnica di rilegatura armena, si mette sulle tracce delle storie che custodisce. Riguardano anche la storia della sua famiglia.
Il viaggio nella memoria diventa viaggio fisico quando la protagonista parte da sola da Erevan per raggiungere una verità che sempre le sfugge e che non è neanche convinta di voler trovare. Il suo vagare in territori (anche interiori) inesplorati riassume perfettamente il senso del titolo della versione originale del libro. In tedesco è Hier sind Löwen. Corrisponde letteralmente al latino Hic Sunt Leones che si usava sulle mappe antiche per segnalare un territorio non ancora svelato. Mi sarebbe piaciuto che rimanesse tale anche nella traduzione italiana.
Il viaggio geografico verso le origini della propria famiglia è il culmine del viaggio che la protagonista intraprende dentro se stessa sin dall’inizio del libro. Quasi subito dopo l’arrivo a Erevan mette in discussione la sua vita creandone un’altra. E stringe legami con vite che non sa capire: con un soldato che combatte in Nagorno-Karabakh, con una ragazza siriana fuggita dalla guerra, con un armeno che appena ottenuto il visto corre in Svezia per trovare la sua libertà.
Sembra che tutti nel libro abbiano una direzione tranne Helene, che appare restia sia ad andare che a restare. A fatica si risolve a cercare i parenti della madre che le ha affidato una fotografia prima che partisse. Continua a ripetere che quella è la storia di sua madre e non la sua. Come se fosse possibile strappare le proprie radici e fingere che non ci riguardino.
In parallelo corre la storia di due bambini perduti, fratello e sorella in fuga la cui famiglia è stata sterminata. Sono queste le parti che mi hanno coinvolto di più di tutto il libro, le ho trovate molto più potenti rispetto alle pagine ambientate nel presente in cui la protagonista sembra vivere in perenne stallo. Com’è forse il destino di chi, a cavallo tra due mondi, due storie, due origini – per di più oscure, o apertamente negate – sente di non appartenere a niente.
Un viaggio verso le proprie radici negate:
Dove: Erevan e Armenia/Turchia
Quando: presente con affondi nel passato
Titolo: La restauratrice di libri
Autorə: Katerina Poladjan
Traduzione: Emilia Benghi
Editore e anno: SEM 2021
Genere: romanzo
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