“Perduto è questo mare – pensai – e tutte le baie, le spiagge, le marine ridenti sulla costa italiana”
Del Grand Tour sembra si sia parlato fino alla nausea. O almeno sembra a me. Sono nata e cresciuta in quella Sicilia visitata dai viaggiatori stranieri sin da prima del boom del turismo di massa. A scuola, a noi sicilian3, la definizione della Sicilia di Goethe ce l’hanno inoculata a dosi massive. All’università, e anche dopo quando ho seguito un master, i viaggiatori stranieri in Sicilia di ‘700 e ‘800 sono stati sempre presenti. Fino a provocarmi una sorta di rifiuto. Poi è arrivato Raffaele La Capria a raccontarmeli in un modo diverso.
Quando racconta lo Ionio visto da George Gissing, che percorre la Calabria in un mese piovoso, finalmente crolla il castello di stereotipi costruito sul paradiso di sole tutto l’anno. Poi continua a parlare di viaggiatori di Gran Tour più tardi, già novecenteschi. Ci sono Norman Douglas, Giuseppe Ungaretti, Giovanni Comisso, Norman Lewis, Curzio Malaparte, Cesare Brandi, John Horne Burns. Ognuno col suo sguardo su pezzi d’Italia che, come da incipit, sono già perduti per sempre.
Si raccontano i posti, insieme a chi li ha visitati, e soprattutto i loro cambiamenti irrimediabili. Com’erano, come sono. Il disincanto convive con l’incanto, la tradizione fa a pugni con la modernità e spesso soccombe. E tuttavia la memoria è creativa e “invoca una possibile rigenerazione. E una possibile riparazione”. Non c’è amarezza ma uno sguardo limpido sulle cose come stanno. Declino incluso.
Dove: Italia
Quando: dal Grand Tour a oggi
Titolo: Ultimi viaggi nell’Italia perduta
Autorə: Raffaele La Capria
Editore e anno: Bompiani 2015
Genere: diario di viaggio
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