Forse ormai sai che sono nata alle pendici di un vulcano, anzi di un vulcano attivo, che considero non solo il mio orizzonte quotidiano – da una parte vedo il mare, dall’altro lato la montagna di fuoco – ma anche vero e proprio paesaggio interiore. L’Etna mi appartiene come io appartengo a lei (sì, per noi siciliani l’Etna è fimmina, non è un vulcano ma a muntagna). Anche quando è celata dalle nuvole so che c’è, anche se il suo profilo muta in continuazione sempre mi è familiare come il volto di chi conosci da lungo tempo e che il tempo non può renderti estraneo.
A muntagna: è così che i siciliani chiamano il vulcano. C’è un’eruzione? Guardano verso l’alto e dicono: ‘Scassau a muntagna‘. All’udire un rombo sordo e profondo dicono: ‘Chi foru trona o è a muntagna?‘. Indicano col dito la sommità del cratere dimenticando che dovrebbero puntarlo verso terra, per coerenza geologica. I siciliani, anche quelli che abitano nei paesi di mare, stanno in realtà sopra un vulcano.
Perciò quando mi è capitata l’occasione di leggere Il vulcano che pensa mi ci sono fiondata. Il tema è a me caro e le storie che contiene non sono le solite già lette, già ascoltate. Si tratta di una raccolta di brevi saggi, sei in tutto, che ti conducono in un Viaggio sull’Etna alla ricerca del genius loci di un luogo davvero straordinario, non solo in perenne mutamento ma anche in continua ebollizione narrativa: l’Etna è sempre stata e sempre sarà serbatoio di storie oltre che di lava ribollente, sabbia nera e rombi dalla profondità della terra.
La distesa nera di lava non è terreno incolto, ma sciara e gli dà vertigine di spaesamento la pianura, la linearità montuosa. L’Etna, insomma, vive sotto e dentro ogni siciliano, ma talmente in profondità che dopo un po’ che ci si abitua non ci si fa più caso, perché si sa che dal cielo non cade solo acqua o grandine o neve, ma anche rina, quella che il forestiero chiamerebbe cenere. Però mentre se piove prendiamo l’ombrello, se cade rina… si evita proprio di uscire.
Il primo saggio di Rosario Castelli, da cui ho tratto le citazioni, si diffonde anche sul cinema e non solo sulla letteratura legati all’Etna. E ha toccato in me corde profonde anche quello dedicato all’Etna delle Donne di Marinella Fiume, che racconta personaggi altrove mai nominati. In un altro saggio si racconta l’Etna di Vitaliano Brancati e quella di Ercole Patti, scrittori siciliani che meritano di essere conosciuti assai più di quanto non siano e che al vulcano furono legati.
E poi c’è la storia di Don Puddu da Nivi e del suo folle sogno di creare una teleferica che collegasse il mare alla cima. Un sogno che realizzò, partendo da un paese minuscolo che è legato in modo particolare al mio cuore, alla mia infanzia, a quella di mia madre. La lava si portò via ogni cosa pochi anni dopo ma il ricordo è rimasto aggrappato a quelle pietre che raccontano incessantemente storie.
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Dove: Etna
Titolo: Il vulcano che pensa
Autorə: Andrea Giuseppe Cerra e Fulvia Toscano (a cura di)
Editore e anno: Historica 2020
Genere: saggio
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