La prima volta mi parve di aver immaginato soltanto di sognare di percorrere una mappa come se fossi una donnina in miniatura che ci camminava sopra. Stavo progettando il sito, da giorni pensavo a come avrei voluto la mappa intorno a cui tutto ruota. Poi il sogno divenne ricorrente. Non mi era mai successo prima.
Di sognare viaggi sì, spesso, talora anche assai improbabili. E da sveglia non è infrequente che io navighi per ore sulle mappe di Google. È un’abitudine che mi porto dietro sin da bambina, quando trascorrevo ore a sfogliare atlanti e percorrere col dito le mappe stradali di papà. Ma di sognare di essere dentro una mappa non era accaduto mai. È iniziato tutto con la quarantena, dopo aver dovuto annullare molti viaggi già programmati nel corso di questo 2020.
Sono tra coloro che non aspettano che una scusa per prendere in mano una mappa. Anche se spesso per praticità mi affido a Google Maps, subisco ancora il fascino delle mappe di carta e in ogni viaggio cerco di prenderne una da conservare e spiegare di tanto in tanto, per organizzare il prossimo viaggio o ricordare quello già fatto. O solo per immaginare.
Da piccola quando disegnavo una casa ne tracciavo la pianta piuttosto che l’aspetto. Tragicamente priva di senso dell’orientamento,
ho sempre avvertito le mappe come indispensabili – a meno che non desideri perdermi volontariamente affidandomi all’imprevisto. Ma oltre che trovarle utili le trovo belle.
Perché esercitano tanto fascino? Perché ci aiutano a mettere in relazione le cose, perché le mettono in ordine, perché ci fanno riflettere su come percepiamo il mondo e lo raccontiamo. Sono state veicolo di idee, oltre che di scoperte, e lo sono tuttora. Non hanno solo rappresentato lo spazio ma anche miti, credenze, punti di vista. Svelano quel che non si conosceva.
Penso spesso a come dovessero sentirsi i viaggiatori che si spingevano in territori ancora inesistenti sulle mappe, senza avere un’idea dell’estensione del mondo, della forma che aveva, di cosa aspettarsi. Si andava incontro all’ignoto e poi si disegnava quel che si era visto (o creduto di vedere), gli si dava un nome e si raccontava attraverso la cartografia. Forse per questo ci piacciono le mappe:
perché sono puro racconto.
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