Maria Tatsos me l’ha presentata un amico che aveva scoperto questo libro preparando un viaggio nel nord della Grecia. Non ho esitato un secondo e l’ho ordinato seduta stante. Se del genocidio armeno e della tragedia dei greci di Smirne sappiamo (ora) moltissimo, meno noto è l’eccidio dei greci del Ponto. Coloro che non persero la vita, furono strappati alla loro terra, alle loro case, alle loro vite.
La ragazza del mar Nero. La tragedia dei greci del Ponto di Maria Tatsos ed. Paoline 2016
Il libro è un po’ una storia familiare e un po’ Storia con la S maiuscola. Ruota intorno alla tragedia dei greci del Ponto che dovettero abbandonare le loro terre all’epoca dello scambio di popolazioni tra Grecia e Turchia negli anni ’20 del 1900.
Fu un genocidio ma se ne parla poco (o proprio niente), per quanto esista anche una Giornata della memoria del genocidio dei greci del Ponto che ricorre il 19 maggio. Il dramma riguardò 700.000 greci che vivevano da millenni sulle sponde del mar Nero.
Pur sotto il dominio ottomano, avevano conservato una loro identità – culturale, religiosa, etnica – convivendo pacificamente con i turchi fino alla Prima Guerra Mondiale. Da quel momento, i greci in terre ottomane iniziarono a essere massacrati, deportati, costretti a lunghe marce in pieno inverno o reclutati nei cosiddetti battaglioni di lavoro. Di quei 700.000 greci, una metà morì. I sopravvissuti tentarono la fuga verso la Grecia.
Maria Tatsos racconta la storia di una di loro, Eratò Espielidis, nata a Kotyora (oggi Ordu). Era sua nonna. La seguiamo dall’infanzia sulle sponde del mare fino a che, giovane sposa, rimane sola con un bambino piccolo e deve trovare il modo di salvarlo e salvare se stessa. La sua storia si intreccia con le vicende della Storia e con quelle di altre famiglie che hanno attraversato la stessa tragedia.
Se ti interessa, sullo stesso argomento c’è un altro libro (però un romanzo), intitolato Eravamo a Trebisonda.
La foto di apertura è di di Dim Hou/Unsplash
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