Life is either a daring adventure or nothing at all.
Ho trovata questa frase stampata sulla tovaglietta di una cioccolateria che frequento di tanto in tanto. Me la sono appuntata su un tovagliolino perché non diceva chi ne fosse l’autorə. Tuttora non sono sicura di chi sia, è una di quelle frasi che iniziano a viaggiare da sole e se ne perdono le origini certe.
Google sostiene sia di una certa Helen Keller, insegnante, scrittrice e attivista statunitense che perse vista e udito a 19 mesi e seppe comunque portare avanti la sua vita arrivando a laurearsi, imparare varie lingue, impegnarsi in politica, arrivare fino in Giappone (tutto tra fine ‘800 e metà ‘900). Se ti ricorda qualcosa è perché a lei furono dedicati un’opera teatrale nel 1956 e il film Anna dei miracoli del 1962.
Tutto questo preambolo per dire che sì, la vita è senz’altro un’audace avventura, che lo vogliamo o no. Lo è anche il viaggio, che in parte è metafora della vita e in parte la condensa quando in pochi giorni viviamo a un’intensità maggiorata rispetto alla quotidianità?
Mi sono convinta che sia così. Il viaggio può e forse dovrebbe diventare un’avventura. Solo così diventa memorabile ma soprattutto trasformativo. Avventura lo diventa in tanti modi, che possono essere positivi oppure no. Le declinazioni sono innumerevoli e in verità neanche sempre auspicabili.
Mi chiedo se sia vero anche il contrario, cioè se un viaggio non è nulla se non è avventura, che è ciò che sostiene la seconda parte della frase. Per adesso non ho una risposta ma non me ne dispiaccio. Mi piace di più avere domande a cui tentare risposte che risposte definite. O peggio, definitive.
La foto di apertura è di Annie Spratt/Unsplash
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